Numero 2 • Habemus logo
Un pastiche di Goffredo Parise. La casa editrice Adelphi. La saggezza di Montaigne.
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Il gioco
Amore, di Iacopo Parise
La trama è la struttura portante di un racconto. Dopodiché viene la decorazione, la voce unica dello scrittore, che si esprime nello stile. Definire cosa sia lo stile è difficile, e ne parlerò più a lungo in un prossimo numero (c’è una storia molto affascinante da raccontare al riguardo), ma per ora ci facciamo andare bene la definizione del linguista Leo Spitzer, il quale sostiene che lo stile sia “lo scarto dalla norma”, ossia tutto quello che rende diversa la prosa di uno scrittore dal modo comune in cui si scrive nella sua lingua.
Nella classe di Stile della scuola di scrittura, abbiamo fatto un gioco che ho trovato bellissimo: si tratta del pastiche. L’idea è questa: leggi un racconto di un autore e poi scrivi un pezzo copiandone in tutto e per tutto lo stile, camuffandoti da quell’autore. Nel primo compito che abbiamo fatto, l’autore era Goffredo Parise e il racconto era Amore, che apre la sua raccolta I sillabari. Potete leggere il racconto qui sotto (è bellissimo).
Tempo di lettura: 8 minuti.
E ora vi propongo un gioco: in quel racconto, camuffato, c’è un paragrafo scritto da me. Riuscite a indovinare qual è? Potete scrivere la vostra risposta premendo il pulsante qui sotto!
La curiosità
Mi dia un chilo di libri, per favore
Tempo di lettura: 4 minuti.
La casa editrice Adelphi è stata fondata a Milano nel 1962. Sin da quando lessi L’insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera (come erano costretti a fare, nel mio liceo, tutti coloro che aspirassero, in segreto o apertamente, a entrare nel club degli intellettualoidi rivoluzionari), per me Adelphi è stata la casa editrice degli intellettuali di sinistra. Che cosa voglia dire, essere un intellettuale di sinistra, non lo so (soprattutto nel 2021, che ormai nessuno sa bene cosa sia la sinistra, né a cosa servano gli intellettuali), ma la mia convinzione è stata ulteriormente rafforzata questa settimana dalla lettura del recente romanzo satirico di Giacomo Papi, Il censimento dei radical chic. Questo libro immagina un’Italia del futuro prossimo in cui gli intellettuali vengono ammazzati a bastonate perché usano parole troppo difficili. Guarda caso, i radical chic nella storia hanno tutti biblioteche piene di libri di Adelphi, ordinati per colori, con palette espertamente architettate. Ed effettivamente, di queste librerie io ne ho viste molte, in casa di amici oppure sullo sfondo del quadratino di Zoom nelle videolezioni coi miei insegnanti di scrittura.
Aldilà della sua fama, durante le lezioni del corso di Editoria che ho seguito ho scoperto molte cose interessanti su questa casa editrice.
Prima di tutto, il font che usa. Non so se la tipografia vi appassioni, ma io sono rimasto molto sorpreso quando ho scoperto che la stragrande maggioranza dei libri in Italia è stampata in Garamond. Anzi, per essere precisi, in Simoncini Garamond: un carattere disegnato da un tipografo francese nel Cinquecento (Claude Garamond) e rimaneggiato da un tipografo bolognese nel 1958 (Francesco Simoncini). In questo carattere sono stampati i libri di Feltrinelli, Bompiani, Sellerio, BUR, Salani, Guanda e altri. L’unica eccezione degna di nota è proprio Adelphi, che invece ha scelto il Baskerville: un carattere disegnato nel 1757 da John Baskerville, poi stampatore della Cambridge University Press (sento quindi anche una certa connessione personale!). Effettivamente, mi rendo conto ora che il font è una delle cose che rende i libri di Adelphi diversi dagli altri: è un tratto distintivo che li rende subito riconoscibili e aiuta a creare una connessione col potenziale lettore, una cosa fondamentale per le case editrici.
Ma non si tratta solo del font. Secondo il mio insegnante di Editoria (che lavora da decenni in Mondadori) Adelphi è stata la prima casa editrice italiana a crearsi un'identità chiara e forte. Non solo per la veste grafica, ma soprattutto per la scelta degli autori: in primis, la grande letteratura mitteleuropea (di cui fa parte, appunto, Kundera). E una volta che si è guadagnata l’immagine di alta letteriarità, ha potuto fare cose straordinarie. L’insegnante ha citato due esempi: Georges Simenon e Cathleen Shine. Il primo era un autore di gialli pubblicato fino alla fine degli anni ‘90 da Mondadori; la seconda è un’autrice di romanzi d’amore di facile lettura. Quando Adelphi decise di pubblicare questi due, e li rivestì con la sua copertina inconfondibile, improvvisamente essi acquistarono grande letterarietà. E regalarono a molti lettori una gratificante sensazione: “Oh, ieri ho letto un libro intero di Adelphi in un pomeriggio!” Questo, dice il mio insegnante, è puro publishing: dare al lettore, oltre al contenuto del libro in sé, un’ulteriore serie di messaggi, del tipo: “Se compri questo libro, ti renderà più colto e intelligente”.
E poi c’è una storiella divertente che mi è stata raccontata. Non sono riuscito a verificarla, ma ve la racconto lo stesso perché è innocua (se qualcuno di voi c’era e la può confermare, mi scriva!). Quando, nel 1973, Adelphi lanciò la collana “Piccola biblioteca Adelphi”, di cui fanno parte i libri dell’immagine qui sopra, che sono così piccoli e deliziosi, con questi colori pastello che vanno dal blu al giallo, dal rosa all’arancione, la gente ne rimase così stregata che smise di curarsi del contenuto, e cominciò ad andare in libreria chiedendo semplicemente: “Mi dia un chilo degli Adelphi, per favore!” Così, appunto, per riempire la libreria. Io, qui a Londra, ho solo i quattro che vedete lì sopra, tutti bellissimi e brevissimi, proprio di quelli che mi hanno fatto dire, con grassa soddisfazione: “Oh, ieri ho letto un libro intero di Adelphi in un pomeriggio!”
Concludo segnalandovi che c’è uno sconto del 20% su tutti i loro libri fino al 15 febbraio, quindi approfittatene! E, per gli appassionati tra voi, ecco un ultimo gioco: quali sono i 10 libri più venduti nella storia di Adelphi? Uno è nella foto che ho messo sopra, gli altri provate a indovinarli, e poi scopritelo cliccando qui!
La citazione
Sul più alto trono del mondo
Per questo numero, una citazione a cui sono molto affezionato, tratta dai saggi del filosofo Michel de Montaigne (1533-1592):
È una perfezione assoluta, e quasi divina, saper godere lealmente del proprio essere. Noi cerchiamo altre condizioni perché non comprendiamo l'uso delle nostre, e usciamo fuori di noi perché non sappiamo cosa c'è dentro. Così, abbiamo un bel camminare sui trampoli, ma anche sui trampoli bisogna camminare con le nostre gambe. E anche sul più alto trono del mondo non siamo seduti che sul nostro culo.
Alla prossima! Se vi è piaciuto questo numero, scrivetemi - se era troppo lungo, ditemelo - se era noioso, ditemelo con tatto! Ciao!