Numero 6 • Espatriare
Arrivare al nocciolo. Valida per l'espatrio. London Expat e altri stimoli. La città.
Buongiorno e buona Pasqua a tutti!
Di solito in questo periodo sarei di ritorno a Milano, magari con la speranza di una visita in Liguria o comunque con la prospettiva di un pranzo abbondante e delizioso in famiglia. Ma quest’anno la sorte rema contro le riunioni e gli incontri, quindi mi dovrò accontentare dei 15 gradi londinesi, del tempo variabile, e della compagnia (comunque calorosa, bisogna dirlo) di qualche amico naufrago come me.
Quindi, perché non dedicare il tema di questo numero pasquale all’espatrio? Mi sembra il momento giusto di rifletterci un po’ su: oggi troverete un racconto, una playlist-sorpresa, una lista di nuovi stimoli e una poesia che parlano di cosa succede quando uno lascia il proprio luogo d’origine.
Buona lettura!
Il racconto
Arrivare al nocciolo
A Pasqua ci si riunisce attorno al tavolo per condividere un momento insieme, per gustare un pasto che unisca le persone e reinforzi i legami familiari: ci si ritrova per festeggiare. Più in generale, i pranzi e le cene in famiglia sono occasioni per conversare, per cucinare e assaporare qualcosa di delizioso come un piatto di pasta o una pastiera, e per raccontarsi com’è andata la giornata.
Ma pranzi e cene sono spesso anche occasioni in cui emergono le tensioni latenti nei rapporti, e allora si può finire anche per lanciarsi frecciatine, per litigare, per urlarsi in faccia. Su questa tensione hanno giocato tanti scrittori di storie: penso al film Perfetti sconosciuti, alla leggendaria scena della cena in famiglia in American Beauty, o anche alle varie scene di pranzi e cene nel romanzo Libertà di Jonathan Franzen.
Quando un espatriato torna a casa, la prima cena in famiglia è sempre uno dei momenti più belli. Ma non sempre le cose vanno per il verso giusto, proprio come in questo racconto che ho scritto e che si intitola Arrivare al nocciolo. Spero che vi piaccia e vi faccia apprezzare di più il pranzo di Pasqua, se finisce bene!
Tempo di lettura: 10 minuti. La versione pdf si trova qui.
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La playlist
Valida per l’espatrio
Visto che è Pasqua, questo non poteva che essere un numero speciale. Ho infatti il piacere di annunciare quella che è probabilmente la prima collaborazione documentata sul web tra i fratelli Iacopo e Lorenzo Russo!
Il neo-assunto-a-tempo-indeterminato-dallo-Stato non è solo il medico che ti salva la vita quando arrivi al Policlinico disteso sul lettino nel retro di un’ambulanza, ma anche un professionista della playlist perfetta, un esteta della canzone azzeccata, un perfezionista della sequenza mixata.
Questo MedicoDellaMusica (che forse dalle prossime newsletter potrei quasi abbreviare a MDM, e chissà che un giorno non ce lo troveremo in tour in giro per il mondo a fare il deejay, e i cartelloni pubblicitari avranno le tre lettere M D M giganti, in stampatello maiuscolo, in viola su sfondo giallo), dicevo questo MedicoDellaMusica, sotto richiesta del sottoscritto, ha fatto uso della sua conoscenza approfondita del mondo musicale e del suo eclettico gusto melodico per selezionare dieci canzoni sul tema dell’espatrio. E fate pure partire la playlist, mentre leggete le parole che la sua selezione mi ha ispirato!
Non è stato tanto difficile, a quanto pare, mettere insieme dieci canzoni che parlassero di lasciare il proprio luogo d’origine e di approdare altrove. Lo spaesamento di fronte al nuovo e la percezione di un conflitto fra la propria identità e un ambiente che offre valori diversi dà fuoco all’immaginazione dei cantautori, che possono usare i loro versi per dare voce a questo conflitto.
C’è Sting, un inglese a New York, che uno dice “vabbè, non è poi chissà quale differenza” e lui invece ci scrive su una canzone bellissima, originale, che inizia col classico “caffè no grazie, io bevo solo té” ma poi si allarga a parlare di profonde differenze nel modo di vivere e di sentire fra lui e la cultura newyorchese.
C’è Manu Chao, che con Clandestino scrive invece una canzone di protesta e di impegno politico:
Mi vida va prohibida
dice la autoridad
ossia la mia vita va proibita, dicono le autorità. Immedesimandosi nel destino di qualcuno che approda in un paese senza documenti, Manu Chao ci fa sentire la sua umanità.
E poi c’è Brunori Sas, che in Lamezia Milano ci racconta col suo solito umorismo questo “viaggio pazzesco”, che fanno in tanti, dalla “provincia” alla “metropoli”, dall’aeroporto calabro di Lamezia Terme al fantomatico capolouogo lombardo. Una traiettoria da sud a nord che tantissimi compiono in tutta Europa, anzi in tutto il mondo, a scale diverse, dal nazionale all’internazionale all’intercontinentale, e ogni storia di uno che parte è unica ma tutte sono unite dallo stesso desiderio profondo, un desiderio che la specie umana (che dall’Africa orientale, decine di migliaia di anni fa, è arrivata a colonizzare tutto il pianeta) ha da sempre: stare in movimento.
Dunque, concludo consigliandovi caldamente di seguire Lorenzo su Spotify (se il link non funziona basta cercare Lorenzo Russo fra i profili e trovare la foto di un omone in maglietta bianca in mezzo alla foresta amazzonica), visto che fa delle selezioni musicali bellissime, e spero che la playlist vi piaccia e vi accompagni per la prossima settimana e vi ispiri nuovi viaggi per quando si potrà viaggiare!
Nuovi stimoli
London Expat
Se il tema dell’espatrio vi incuriosisce, in questa parte della newsletter trovate una lista curata di suggerimenti e link a risorse che vi possono essere utili per esplorarlo. Eccola:
London Expat, un podcast molto divertente creato da Cecilia Gregnani per la piattaforma storielibere.fm. Nelle varie puntate di questo podcast, Cecilia racconta la sua storia di espatriata italiana a Londra, approfondendo aspetti come la decisione di partire, la difficoltà di accettare l’idea della monarchia britannica, e l’identità duplice che uno si costruisce quando si trasferisce in un altro paese. È in inglese e fa molto ridere, soprattutto se si è espatriati italiani a Londra!
Italia yes Italia no, un saggio della giornalista Caterina Soffici in cui racconta che cosa ha imparato sul nostro paese guardandolo da lontano, dopo essersi trasferita a Londra nel 2010. È breve e fa osservazioni molto acute sulle differenze fra la cultura italiana e quella britannica.
Fuocoammare, il documentario del 2016 di Gianfranco Rosi premiato con l’Orso d’oro per il miglior film al Festival di Berlino. È un documentario che ho ammirato molto perché, per non raccontare sempre la solita storia sull’immigrazione nell’isola di Lampedusa, inquadra il problema usando una prospettiva inedita: quella di Samuele Pucillo, un ragazzino nato e cresciuto sull’isola.
La poesia
La città
Espatriare non vuol dire solo lasciare la propria patria: è soprattutto un atto che ci separa, a volte irreversibilmente, dall’atmosfera della nostra città. Sono i palazzi e le chiese, le strade e i canali, i lampioni e le panchine a fare da scenografia alle nostre vite, e improvvisamente la scena cambia, si respira un’aria sconosciuta, che sa di nuovo e di ignoto.
Tuttavia, secondo il poeta greco Constantinos Kavafis (1863-1933), che ha vissuto quasi tutta la sua vita ad Alessandria d’Egitto, uno si porta sempre dietro con se la propria città. Ha ragione: io ne ho dei pezzi nel mio cellulare, fotogrammi effimeri di solidi palazzi di pietra, frammenti di Milano che ho raccolto ogni volta che ci sono tornato.
Mi piace quindi chiudere questo numero con le mie foto di Milano e le bellissime parole di Kavafis, che sono sicuro toccheranno tutti nel profondo.
La città, di Constantinos Kavafis
Hai detto: «Per altre terre andrò per altro mare.
Altra città, più amabile di questa, dove
ogni mio sforzo è votato al fallimento
dove il mio cuore come un morto sta sepolto
ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?
Dei lunghi anni, se mi guardo intorno,
della mia vita consumata qui, non vedo
che nere macerie e solitudine e rovina».Non troverai altro luogo non troverai altro mare.
La città ti verrà dietro. Andrai vagando
per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.
Imbiancherai in queste stesse case. Sempre
farai capo a questa città. Altrove, non sperare,
non c’è nave non c’è strada per te.
Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto
tu l’hai sciupata su tutta la terra.
Auguro di nuovo una Buona Pasqua a tutti, ci vediamo fra due settimane! Ciao!